ADHD: ma è propriamente una “malattia”?

Vorrei ragionare da “addetto ai lavori” e potermi sentire estraneo sia al furore “antipsichiatrico”, che al furore “anti-antipsichiatrico” o iper-medicalizzante.
Ne faccio proprio una questione “scientifica”: qualunque manuale di psicofarmacologia chiarisce da subito che i mentre i meccanismi di azione di gran parte dei farmaci che usiamo per altre patologie sono per lo più esattamente noti, quelli degli psicofarmaci non sono noti, se non per via del constatarne gli effetti. Anche i “bugiardini” di notissimi farmaci riprendono lo stesso concetto,  riporto ad esempio quello di un celebre e diffusissimo ansiolitico (grassetti miei mirati a evidenziare la prudenza e le espressioni di incertezza):

«L’esatto meccanismo d’azione delle benzodiazepine non è stato ancora chiarito; comunque, sembra che le benzodiazepine agiscano attraverso vari meccanismi. Presumibilmente le benzodiazepine esercitano i loro effetti attraverso un legame con specifici recettori a diversi siti entro il sistema nervoso centrale, o potenziando gli effetti di inibizione sinaptica o presinaptica, mediata dall’acido g-aminobutirrico, oppure influenzando direttamente i meccanismi che generano il potenziale d’azione.»

Ho scelto questo testo per usarlo come esempio del fatto che in ambito psicofarmacologico si lavora in condizioni diverse da quelle che contraddistiguono altre branche della medicina, Dunque parlare di una molecola come “terapia” di una patologia è una sintesi troppo rapida e convenzionale che non rispecchia nemmeno il pensiero di chi queste cose le studia e ci fa ricerca, dunque i dubbi non sono frutto di qualche ossessione settaria ma di emeriti scienziati, e che uno dei maggiori ricercatori viventi, A. Damasio, scrive qualcosa che suona come “pensare di combattere la depressione con molecole come gli SSRI è come sparare alle formiche col cannone”.
Altro problema: l’esistenza delle patologie. Alcuni citano il DSM-IV come “il demonio”, altri come il vangelo, ma non è né l’uno né l’altro. Però chiunque abbia studiato psicologia o psichiatria sa che l’approccio che è “passato” nelle varie versioni del DSM che si sono succedute, è partito da un tentativo (certamente prematuro e fallito) di approccio eziologico, ossia l’approccio normale per le malattie del corpo: definisco una patologia X in base al fatto che è causata dal virus Y o dal batterio Z, o dal meccanismo degenerativo del tessuto W. Dopo, e soltanto dopo passo a enumerarne i sintomi ad uso della diagnosi. Ovviamente nel caso della mente non è stato possibile formulare un approccio del genere praticamente per nessuna patologia, poiché le ipotesi eziologiche dei primi DSM, di matrice psicoanalitica, non hanno retto alla prova del tempo e delle verifiche. Il DSM attuale ha un approccio sindromico, ovvero parte dalla enumerazione dei sintomi raggruppandoli in delle sindromi, e le sindromi non sono “ancora” delle malattie. Del resto l’AIDS nasceva come sindrome, prima di identificarne il virus. Dunque il DSM-IV non è né demonio né vangelo, ma semplicemente quel che è: il tentativo di creare su basi statistiche e linguistiche una base diagnostica a partire dalla rinuncia all’approccio eziologico. Dunque non è che certuni sono pazzi perché dicono che “non esiste l’ADHD”, intanto perché essi dichiarano (almeno nelle formulazioni più rigorose) che non esiste una entità nosologica autonoma e univocamente definita come ADHD, ma non dicono altro che qualunque patologia definita con un approccio sindromico “non esiste” nel senso in cui invece esiste l’AIDS. Anche l’AIDS prima di identificarne il fattore eziologico “non esisteva” come entità nosologica: ciò non significava che “non esistessero” i malati o i sintomi, ma non si sapeva come classificarli, come curarli, né per quali cause. Che io sappia, nessuno ha ancora pubblicato dati credibili e condivisi sulle basi eziologiche che accomunerebbero i quadri sindromici dell’ADHD. Per la medicina “normale” questo è semplicemente il processo ovvio per ogni nuova patologia, mentre per la psicopatologia finora ci si è fermati ai quadri sindromici, e nessuno ancora osa affermare basi eziologiche certe per nessuna psicopatologia. Dunque è profondamente stupido sostenere che “invece” l’ADHD esiste perché è scritta nel DSM-IV. Tant’è vero che esiste anche un diverso sistema diagnostico, l’ICD-10, promosso dalla OMS, che cataloga diversamente molte patologie. Se si parlasse di patologie nel senso medico non potrebbero esistere due sistemi diagnostici!
Infine: perché prendersela tanto per i bambini? Se si pensa che il sistema nervoso continua il suo sviluppo e la sua costruzione (ad esempio il processo di mielinizzazione) fino almeno ai 14 anni, e se si pensa che le molecole di molti psicofarmaci (in particolare gli antidepressivi) agiscono anche, o talvolta soprattutto sull’espressione genica all’interno dei neuroni, vorrei sapere cosa c’è di antiscientifico a proclamare la necessità di evitarne al massimo la somministrazione. Tanto per chiarirci, ho molte meno remore negli adulti. Sempre A. Damasio, comunque, ammonisce sul fatto che noi non sappiamo a quali conseguenze andiamo incontro con una assunzione di psico-molecole che sta divenendo di massa. Dunque, che lo sostengano ideologi settari o meno, io trovo che somministrare a bambini di sette, otto anni farmaci che a detta di chi ne sostiene l’uso, “non curano il disturbo, poiché migliorano solo temporaneamente i sintomi” a me pare un abuso bello e buono e non saprei come diversamente chiamarlo. Che fare allora con questi bambini? Perché sembra che poi alla fine mentre si sta qui a discutere ADHD sì o no, a scuola e a casa si sta in trincea. Questo è semplicemente un pezzo del mio normale lavoro. Dietro ogni bambino irrequieto c’è una storia e comprendendola è possibile gestirla al meglio e contenerla. Questo è il lavoro di tanti come me, un lavoro paziente e silenzioso.
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