Non avrei davvero voluto prendere la penna per scrivere su questo argomento poiché, preso di per sé, non merita assolutamente lo sforzo di scrivere né quello di discutere; tuttavia il polverone sollevatosi intorno al tema e l'autentica agitazione di persone in buona fede mi spinge a rivedere la scelta. Con la parola gender i suoi critici indicano in estrema sintesi un modo di intendere le differenze tra i sessi, i modi di vivere l'amore e la sessualità che pone fortemente l'accento sugli aspetti culturali e sociali di queste differenze minimizzando la portata delle differenze biologiche e fisiologiche. Detta in termini molto semplici (anzi troppo semplici) si accusa chi assume questo punto di vista di sostenere che i sessi sarebbero uguali se i pregiudizi culturali e sociali non li rendessero diversi. Facciamo un passo indietro... Uguale è una parola complicata. Ad esempio quando un bambino guarda un altro bambino dalla pelle molto nera e si confronta con lui potrebbe utilizzare la parola "diverso" anche se certamente ha ben chiaro che di fronte a lui c'è un bambino; e noi in buona fede, pensando di educare alla tolleranza, vorremmo inculcargli l'idea che il bambino nero è "uguale" a lui. Anche se a prima vista può sembrare ovvio finiamo col fare un uso piuttosto contorto delle parole uguale e diverso: è un po' come dire che un cerchio e un quadrato sono uguali perché sono entrambi figure geometriche. Nessuno ci darebbe torto ma tutti noterebbero più le differenze salienti che l'uguaglianza concettuale. Tuttavia se ci mettessimo a discutere animatamente sostenendo chi la differenza chi l'uguaglianza tra cerchi e quadrati verremmo probabilmente presi per matti ed è questo il motivo per cui non ritenevo opportuno scrivere su gender e antigender: non riesco proprio a prendere posizione tra chi sostiene che le differenze biologiche tra i sessi generano un repertorio di comportamenti rigidamente collegato al sesso di appartenenza (e che ogni scostamento dalle condotte normali è patologia) e chi sostiene che le differenze biologiche dei sessi sono poca cosa, irrilevanti e minimali, e che quindi l'unica cosa che abbia significato sono gli aspetti culturali. Mi sembrano entrambe posizioni estreme senza alcun supporto anche lontanamente scientifico; anche se naturalmente preferisco di gran lunga la seconda versione perché più rispettosa della complessità della mente e dell'animo umano, tuttavia non mi piace affatto la frettolosità con cui i "culturalisti" archiviano come ciarpame ideologico differenze biologiche insopprimibili e ricche a loro volta di significati. Nel web si leggono messaggi allarmati che citano frasi tratte da un documento della OMS che detta le linee guida per l'educazione sessuale nelle scuole; le frasi, estrapolate ad arte dal contesto, sembrano giustificare il panico, fino a paventare eserciti di omosessuali e pervertiti scatenati nelle scuole a raccontare ai bambini che maschi e femmine sono uguali, che non fa differenza se una coppia è formata da due uomini o due donne o da un uomo e una donna, insegnando la masturbazione a quattro anni e via così... le cose cambiano leggendo l'intero documento e in particolare la cosiddetta "matrice", una tabella lunga tredici pagine che elenca le informazioni da dare, le abilità e gli atteggiamenti da promuovere nelle varie fasce di età (0-4, 4-6, 6-9, 9-12, 12-15, 15 e oltre. L'articolo è visibile qui). La fantasia smette di vagare nel terrore, ma in compenso la pedagogia va in fibrillazione: non ci sono intenti perversi o pedofili in quel documento (ci mancherebbe!) ma una mole esondante di informazioni e nozioni (rigorosamente politically correct) che si vogliono inculcare in menti neonate o giovanissime. Quasi inevitabile, quando una commissione di studiosi/saggi è chiamata a stilare un documento del genere: viene quasi sempre attanagliata dalla sindrome dell'ufficialità istituzionale, e nella foga di elaborare un testo che contenga tutto nella miglior forma... si partorisce in buona fede un "pistolotto" tuttologico vagamente delirante. Leggendo la "matrice" così vituperata dagli anti-gender non viene la paura della perversione ma quella del sovraccarico cognitivo-nozionistico. La logica somiglia a dire: se questo bambino a tre anni risolve problemi col teorema di Pitagora, è "del tutto evidente" che a sette potrà affrontare un corso di economia politica, e a undici potrà discutere la sua tesi sulla filosofia trascendentale. Obiettare che quel bambino non esiste può costare l'accusa di essere disfattista e retrogrado, ma me ne farò una ragione. I nemici della fantomatica ideologia gender parlano di "messaggi destabilizzanti", ma qui l'impressione è piuttosto di trovarsi di fronte al vaniloquio incomprensibile, come leggere i Grundrisse di Marx (una delle sue opere più ostiche) al bambino la sera, al posto delle favole. Essi aggiungono poi, come se fosse conseguenza ovvia, che qualunque tipo di messaggio "destabilizzante" dato a scuola abbia una forza prorompente in grado di scardinare i presupposti addirittura della nostra civiltà. Si tratta naturalmente di una fantasia ben lontana dalla realtà: qualunque insegnante sa quanto sia difficile riuscire a trasmettere un sapere significativo ai propri alunni, che oggi sono bersagliati di messaggi informazioni e rappresentazioni provenienti da ogni sorgente esterna alla scuola: TV, cinema, stampa, cartelli stradali, e tutta la enorme nebulosa di internet. Dispiace vedere persone di buona fede credere alla possibilità che un'ora di fandonie di qualsivoglia natura raccontate a scuola possono fare più danni di tutta la mole di informazioni, narrazioni, rappresentazioni e stimoli provenienti dall'ambiente sociale e mediatico. Si sente raccontare di preadolescenti che chiamano a casa sentendosi male perché a scuola si è parlato di omosessualità. Ma dove li hanno tenuti i genitori questi ragazzi? chiusi in una stanza buia? Possiedono un televisore? Hanno mai visto Un posto al sole? Perché se alcuni ragazzini si sentono male di fronte a questo argomento… dovremmo farci proprio delle serie domande su dove e come abbiano vissuto finora. Simmetricamente viene da chiedersi se gli estensori della "matrice" abbiano studiato cosa sono i bambini all'università o ne abbiano talvolta incontrato qualcuno in vivo e non in laboratorio o su un libro. Se si deve proprio parlare di pericolo per la salute psicologica affettiva e sessuale delle nuove generazioni è a ben altro che dovremmo pensare, alla schiacciante presenza di messaggi sessuali, di corpi, racconti di seduzione, all'onnipresenza del messaggio fascinatore del denaro facile e della ricchezza, dell'esposizione dei corpi a sguardi maliziosi, tutto materiale che avvolge le menti dei giovani (e non solo) quasi 24 ore al giorno. Che mai può fare qualche modesta ora di qualsivoglia raccontino sulla sessualità la coppia o l'amore, sia pur sotto l'algida e asettica denominazione di educazione affettiva e sessuale? Come ho cercato di spiegare in un altro recente articolo anche il tema dell'educazione sessuale è assai controverso e si intreccia naturalmente con le diverse visioni dell'uomo che sono in gioco anche nella polemica anti-gender. Credo che nessuno possa fingere di non sapere che le varianti alla sessualità standard sono presenti nella storia e nella geografia di tutta la specie umana nei millenni. Ne abbiamo traccia anche in paesi di religione islamica come un recente romanzo ci ha raccontato con grande efficacia (Abdellah Taïa, L'esercito della salvezza, Isbn 2009). Quello che ci tocca scegliere non è se eliminare dalla faccia della terra o conservare le diversità di comportamento sessuale poiché questa scelta (a meno di non tramutarsi in novelli Hitler) non è alla portata di nessuno; quello che ci tocca scegliere, una volta preso atto che le diversità di condotta sessuale esistono, è cosa vogliamo farne: se vogliamo trasformarle in malattie o in perversioni da combattere con la violenza, oppure considerarle una delle caratteristiche della ricchezza umana. Quello che ci tocca scegliere è stabilire qual è l'effetto di una coppia omosessuale che vive la propria vita su migliaia di altre coppie eterosessuali che vivono la loro. Ci tocca decidere se il fatto che due uomini si bacino impedisca a qualcun altro di credere nel matrimonio tradizionale, nella fedeltà, nella verginità prima del matrimonio o in qualunque altra certezza etica. Ognuno di noi dovrebbe decidere qualcosa su questo. Se la risposta è che l'amore tra due persone dello stesso sesso non impedisce in alcun modo ad altri di vivere l'amore e la sessualità in base a etiche più restrittive allora abbiamo già capito che tutta questa polemica su gender e anti-gender è soprattutto una guerra di egemonia sulla società e sulle menti che viene combattuta a prescindere dagli effetti positivi o negativi che può avere sulla salute complessiva di una società. "Ma allora," si chiederà il lettore, "devo avere paura o no di questa ideologia gender?" Se ne dobbiamo avere paura come di una minaccia alla nostra civiltà, assolutamente no, e non perché la nostra civiltà sia in ottima salute, tutt'altro, ma perché ciò che la minaccia è ben più pervasivo e articolato, più violento e subdolo. Dovrebbe pur dirci qualcosa il fatto che Papa Francesco parli spesso di ben altre minacce alla civiltà occidentale e non solo, seguendo una diversa scala di priorità nella quale l'ideologia gender non occupa i primi posti. Se invece parliamo di paura rispetto alla qualità dell'educazione dei ragazzi, allora lo spettro che vedo all'orizzonte è un'altra, sottile e illusoria ideologia: che educare significhi trasmettere informazioni e nozioni. Piuttosto, sarebbe bene aver paura che vada perso il principio che educare significa anche e soprattutto dare il buon esempio, vivere e far vivere.
