Lasciateli giocare

Lo psicologo Peter Gray afferma in un suo articolo: “oggi i bambini non hanno più tempo per giocare tra di loro. La vita a scuola e nel tempo libero è gestita e organizzata dagli adulti. Ma solo giocando possono acquisire le abilità sociali che gli serviranno da grandi: ascoltare gli altri, essere creativi, gestire le emozioni e affrontare i pericoli. […] Da più di cinquant’anni gli statunitensi continuano a ridurre le opportunità dei loro figli di giocare, e lo stesso sta succedendo in molti altri paesi. Durante lo stesso periodo i disturbi mentali infantili sono aumentati. Negli Stati Uniti i questionari clinici usati per misurare i livelli di ansia e di depressione dei ragazzi in età scolare non sono cambiati dagli anni cinquanta. E l’analisi dei risultati rivela un aumento continuo dell’ansia e della depressione, tanto che dagli anni cinquanta a oggi quelli che potremmo chiamare disturbi d’ansia generalizzata e forti depressioni sono aumentati dalle cinque alle otto volte.”

Anche nel nostro Paese si evidenzia, fin dalla scuola dell’infanzia, la perdita di un orizzonte di libertà e spontaneità come base dei comportamenti costruttivi del bambino e poi dell’adolescente. Quando questo costituente di base va perduto, si assiste a una proliferazione di distruttività e oppositività anche gratuite. Il bambino, ad esempio, che non è stato libero di disegnare spontaneamente all’interno della relazione educativa, finisce col ribellarsi, una volta cresciuto, a qualsiasi richiesta normativa successiva. l’esempio potrebbe essere esteso ad altri ambiti.

Più che una carenza di regole, sulle quali ormai generazioni di docenti di ogni ordine e grado si sono sforzati di intervenire senza successo, sembra che ciò che affligge la scuola oggi sia l’atrofia della relazione e degli spazi di libertà-spontaneità, che costituiscono gli orizzonti di senso entro i quali è possibile chiedere e ottenere il rispetto delle regole. Questa atrofia non è appannaggio della scuola, beninteso, ma riguarda la gran parte del tempo di vita dei nostri bambini. Passano ore e ore a scuola (molte di più dei loro padri e madri) e all’uscita vengono portati in altri luoghi dove trovano altri adulti che strutturano e disciplinano le loro azioni. Se un bambino è irrequieto a scuola, o “non sta alle regole” (e di solito le regole si riducono a una sola: obbedire), ecco che subito consigliamo i genitori di portarlo a fare uno sport di squadra possibilmente con allenatore severo che gli insegni… a rispettare le regole cioè a obbedire. A casa, genitori colpevolizzati da tanti messaggi più o meno indiretti si sforzano di “dare regole” ai loro bambini scoprendo che… non ce la fanno, né loro, né, soprattutto, i figli. Fermiamoci, prima che sia troppo tardi.

 by-nc-saQuest’opera di Franco Nanni è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.